Eterni viandanti sono i giorni e i mesi, e gli anni, che vanno e vengono. Chi trascorre una vita fluttuante su una barca e chi accoglie la vecchiaia con in mano una briglia di un cavallo, viaggia giorno dopo giorno e fa del viaggiare la propria dimora. Anche numerosi uomini dei tempi antichi morirono in viaggio. Io pure, non so dire da quando, albergo nel cuore l'inestinguibile desiderio di vagare attratto dal vento che sospinge le nuvole sparse. Dopo aver vagabondato lungo la costa tornai nello scorso autunno a togliere le vecchie tele di ragno dalla mia misera capanna in riva al fiume, ma quando quell'anno si concluse, il cielo velato dell'incipiente primavera suscitò nel mio animo il desiderio di superare la frontiera del Fiume Bianco e, quasi fossi invaso dal Dio dell'inquietudine e le Divinità ancestrali delle strade imperiosamente mi chiamassero, non ebbi più tregua. E quando rammendavo i miei panni, o sostituivo i lacci del copricapo, o applicavo la moxa sotto le ginocchia, mi tornava alla mente l'immagine della luna sulle Isole dei Pini e così decisi di cedere ad altri la capanna in cui dimoravo e di trasferirmi da Vento tra i Cedri. Lasciai dunque appeso a un palo del mio romitaggio un foglio con otto haikai di cui il primo era questo:
Se la generazione degli abitanti muta,
persino di sterpi una capanna
può divenire una casa di bambole.
da il romitaggio della dimora illusoria, Basho
Dedicato a tutti gli eterni viaggiatori
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